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Anelli: La fuga dei medici all’estero, sono mille all’anno

Fnomceo Redazione DottNet | 16/02/2023 11:55

Tra le cause la scarsa qualità di lavoro e di vita, gli stipendi non adeguati, la mancanza di sicurezza che mette gli operatori a rischio anche di aggressioni

Mille all’anno: sono i medici italiani che richiedono i certificati per trasferirsi all’estero. A comunicare il dato, che conferma il trend reso noto ieri dal Ministro della Salute Orazio Schillaci, il Presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Filippo Anelli, intervistato questa mattina da Tgcom24.

Tra le cause di questa "fuga", che la Federazione denuncia da tempo – ricordiamo la campagna "Offre l’Italia", del 2019 – la scarsa qualità di lavoro e di vita, gli stipendi non adeguati, la mancanza di sicurezza che mette gli operatori a rischio anche di aggressioni. Come arrestare questa emorragia? E come bilanciare la carenza di medici? Ancora: ampliare l’accesso alla Facoltà di Medicina può essere la soluzione? "La programmazione – ha premesso Anellideve riguardare il prossimo decennio. Attualmente siamo ai primi posti in Europa per il rapporto tra medici e abitanti: ne abbiamo 4 ogni mille, contro la media Europea di 3,8. Negli Usa il rapporto scende a 2,5 medici ogni mille abitanti".

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"Se vogliamo mantenere questo rapporto – ha spiegato - vanno bene i 14000 posti a Medicina, se aumentiamo avremo più medici. Resta però il fenomeno della scarsa attrattività del nostro Servizio sanitario nazionale" che è il vero motivo per cui i medici si trasferiscono all’estero o "preferiscono fare i gettonisti", per un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata. "Un’organizzazione, questa, a turni – ha commentato - che compromette quel rapporto continuativo che è tipico della professione medica ed è una distorsione del sistema".

"Il numero programmato – ha concluso Anelliva quindi mantenuto, anche perché abbiamo vissuto il dramma dell’imbuto formativo, con migliaia di medici laureati, abilitati, che non potevano specializzarsi e quindi lavorare. Da qui il disagio, la voglia di fuggire all’estero, ma anche le difficoltà di tante famiglie. Credo non sia giusto provare a risolvere il problema penalizzando i giovani". 

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